Trovare la propria voce

Cosa significa trovare la propria voce? Perché è così importante? È solo un modo di esprimersi o qualcosa che fa parte del nostro essere? Un modo per entrare in relazione con gli altri, farci accogliere e accogliere?

Settimana scorsa una mia cara amica che non sentivo da tempo mi ha raccontato della sua recente operazione alle corde vocali. Dopo la rimozione di due noduli ha trascorso più di un mese senza riuscire a spiccicare parola. «Un’esperienza terribile» si è confidata. «La voce proprio non usciva. Per comunicare con gli altri usavo una lavagnetta. Ma la cosa più angosciante era sognare che la voce, la mia voce, non mi sarebbe mai più tornata». Sono passati un po’ di giorni e ancora non riesco a togliermi questa cosa dalla mente. Cosa può significare perdere la voce? La propria voce?

Cos’è una voce?

Non è solo una questione di corde vocali, e certo non per tutti, s’intende. Più in generale, la voce è parte del nostro modo di essere, quel modo tutto nostro di esprimere emozioni, pensieri, ma anche attese, affetti, dubbi, promesse. È uno strumento per metterci in relazione con gli altri, per accoglierli e per farci accogliere da loro.

Ma più in particolare, per me, come giornalista, la voce è qualcos’altro ancora. Anche se arrivo dalla carta stampata, e ho iniziato a scrivere i primi pezzi quando le testate erano di gran lunga più numerose, e ben altre le tirature. Non c’è mai stata solo la notizia, il fatto di cui saper render conto. Insieme alla notizia mi si chiedeva il “giusto taglio”, insomma una voce, che fosse la mia voce e che fosse in sintonia con il tono della testata. Poteva sfuggirmi qualche inesattezza, in verità non tante, ma sbagliare il taglio, non riuscire a dar prova di originalità, era un peccato difficilmente perdonabile. Se andava bene, mi veniva concesso di riscrivere il pezzo. E se di nuovo non funzionava, mi toccava riscriverlo un’altra volta ancora, e ancora.

Trovare la propria voce: un percorso da fare

Da qualche mese insegno editoria della moda all’Accademia del Lusso di Milano. Tante cose sono cambiate da quando avevo la stessa età che hanno oggi i miei allievi. A me sembra ieri, ma in realtà era proprio un’altra epoca. Era il mondo prima del web, prima degli smartphone, prima dei social. Era già una società parecchio alfabetizzata, ma non così altamente alfabetizzata come la nostra di oggi. Leggere e, soprattutto, scrivere sono diventate parte essenziale della nostra vita quotidiana. Saper scrivere bene non è più quel dono di cui sembrava beneficiarne solo una manciata di eletti, anzi. Ma trovare una propria voce rimane comunque un percorso ancora tutto particolare.

La voce da giornalisti

Con le mie allieve e i miei allievi mi confronto sulle loro letture, soprattutto sui loro autori preferiti, che siano scrittori, opinionisti piuttosto che giornalisti, blogger o influencer. È l’occasione per far uscire le loro sensibilità, i loro gusti. E poi li esorto a buttarsi, a misurarsi con un testo scritto da loro. Anche perché a vent’anni non si può avere paura di andare a sbattere contro un giudizio negativo, un rifiuto, una indifferenza. Per i timori c’è sempre tempo. Poi, una volta trovata la voce, anche una flebile voce, bisogna saperla coltivare con grande cura. Ma questo sarà il loro percorso una volta usciti dall’Accademia.